Come in un’allucinazione, il diciottenne Thomas Bernhard si risveglia un giorno in «un lungo corridoio» con una «infinita serie di stanze, aperte e chiuse, popolate da centinaia se non migliaia di pazienti». È l’ospedale dove Bernhard lotterà per sopravvivere a una grave malattia polmonare. Ed è una delle più nette immagini di «inferno» che Bernhard, maestro nella precisione dell’orrore, ci abbia trasmesso. Qui, in una stanza da bagno dove una suora passa ogni mezz’ora per alzare il braccio del paziente e sentire se ancora si avverte il polso, Bernhard decide di non permettere che gli uomini della sala anatomica con le loro bare di zinco vengano a prenderlo, insieme agli altri morti, come «sgomberando un magazzino di marionette». Decide di vivere. È un momento spartiacque: nella massima inermità, la massima determinazione.