A cinquant'anni esatti, come suggeriva l'indimenticabile Niccolò Gallo, decido di pubblicare i racconti scritti nell'arco di un trentennio. In buona parte risalenti alla mia prima stagione narrativa, anteriori persino a Materada che è del '60, li riunisco seguendo il corso della storia entro cui hanno preso avvio tutti i miei romanzi: dalla guerra intravista con gli occhi della fanciullezza all'esodo dei miei paesani dall'Istria, al mio trepido inurbamento a Trieste e alla loro precaria sistemazione dapprima nei Campi per profughi sul Carso e poi in una campagna industrializzata del Friuli, a una comune ansia di ritorno nella terra di origine, divenuta infine rifugio dalla soverchiante civiltà dei consumi. Nonostante gli inevitabili salti di stile e anche di gusto, la varietà degli assaggi tematici e linguistici, l'omaggio più o meno scoperto ai Maestri, ritengo che questi racconti riconfermino la mia sostanziale unità ispirativa, la quale altro non è se non fedeltà a luoghi, motivi, volti e caratteri irrinunciabili e insieme insostituibili.