Che cosa rende questi reportage in paesi sconvolti da guerre atroci – Vietnam, Biafra, Laos, Cile -, in anni, fra l’altro, ormai remoti, tanto vivi e intensi. Soprattutto, una qualità ignota alla maggioranza degli inviati di guerra: l'”amoroso tocco”, potremmo dire, che spinge Parise a rischiare la vita non tanto per trasmettere dati e informazioni o esercitare la "ragione analitica” ricostruendo fedeli ed effimeri scenari geopolitici, quanto piuttosto per partecipare del sentimento che domina i popoli di quei paesi. Non si tratta dunque di passione politica o militare, ma di "una specie di fame tossica e mentale che porta a confondere il proprio sangue con quello degli altri, in luoghi o paesi che non siano soltanto quelli della propria origine”. Una passione cui si accompagna un occhio assoluto capace di cogliere, ad esempio, un lenzuolo insanguinato che scivola da un elicottero e schiocca nell’aria bollente del Vietnam come una bandiera; o ancora di trasfgurare le donne vietnamite in volpi che attraversano di notte un prato nevoso per andare da un bosco all’altro – e la cui preda è l’America....
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